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Allesso?

1 Gen

img_1286Nota: la foto non rende bene l’idea della infinita bontà del piatto!!!

(Sottofondo, marcia di Radetzky). Buon anno a tutti, ai cucinatori e a quelli che magnano solo, ai simpatici e agli antipatici, a chi è a casa e a chi se la gode in vacanza, a quelli alti e a quelli bassi, a chi va di birra e a chi di vino, insomma, a tutti, tutti, tutti. Che il 2016 sia un anno pieno de robba bella. Stoppe.

La ricetta di oggi non poteva che essere un piatto classico del primo dell’anno, perlomeno dalle mie parti: l’allesso. “E che d’è?!”, vi chiederete voi… “Che d’è l’allesso?!”. Lo allesso, cara signora, non è altro che la carne lessata che ve rimane quando avete fatto il brodo. Una carne sciapa, che nun sa de gnende, che la magni pe’ forza e per fattela piace’ te ‘nventi tutte quelle salsette millecolo…ecco, l’allesso. Io però, che a me mi piasce di fare delle ricette di un certo tipo, a te propongo checcosa (qualcosa) che tu nun si mai vischto ne sintito! Ecco perché lo punto interrogativo fra’, adè (è) allesso o non adè allesso? Boh, chi lo sa, solo Bottura ce lo  pole (può) spiega’!

Più nello specifico andremo a fare un brodo di gallina con dei ravioli ripieni di allesso; tempo addietro lo avrei chiamato un allesso al contrario, ma non sarebbe stato preciso come nome. L’unica garanzia che vi do è che si tratta di un piatto speciale e di superba bontà…se lo fate bene… Se vi esce male: un piatto speciale e di superba schifezza.

Ricetta per n.6 persone

Ingredienti per il brodo scuro:

Mezza gallina a pezzi (cioè, una gallina che torna a casa stanca dal lavoro, con accenni di raffreddore, la cena da preparare e il pannolino della figlia da cambiare, a metà), carota, sedano e cipolla, 7/8 cicetti di pepe bianco (non me fa che vai a prendello in polvere e dici che è uguale, serve li cicetti!).

Ingredienti per il ripieno dei ravioli:

Cicorietta giovane, fresca e “dolce” (una sacchettata), parmigiano, 1 ovo intero.

Ingredienti per la pasta fresca:

1 uovo intero e un rosso d’uovo, 80 grammi di farina e 40 grammi di semola, 1 pizzico di sale.

-Esecuzione-

Per il brodo:

Prendete la vostra cajina (gallina) e avvertitela che a breve avrà finito di campare. Appicciate (accendete) lo forno a tacchiola (220/230 gradi centigradi) e fate “ammaronare” (parola tecnica degli addetti al settore) la vostra mezza gallina a pezzi. Ossia la dovrete far bruciacchiare fuori, far dorare insomma. Io per ottenere un buon risultato la prendo direttamente dal surgelatore e la butto in forno. Una volta dorata, la gallina avrà grande valore economico: andate in banca e depositatela. Dicevamo, una volta dorata, la gallina avrà rilasciato buona parte del suo grasso sul fondo del tegame che avrete utilizzato per rosolarla. “Io il tegame non ce l’ho messo”, brao tontolotto, addè (ora) pulisci lo forno da li sgrizzi (schizzi)!

La gallina così sgrassata e rosolata ti permetterà di fare un brodo delicatissimo, equilibrato e dal sapore (“dal sapore”, punto!). Procedi, quindi, mettendo in padella capiente due mezze cipolle (tutto mezzo oh!) rivolte a faccia in giù; insomma, appoggele da la parte de do’ le ssi tajate! Accendi il fuoco e lascia che si abbrustoliscano leggermente per tre/ quattro minuti… No le bbruscià (bruciare), lardellu (fessacchiotto)!

Aggiungi la gallina, la carota e il sedano (ovviamente carota e sedano li devi aver puliti prima, me pare de parla’ co’ uno che non ha cucinato mai!). Aggiungi acqua sino a coprire a pelo tutti gli ingredienti, aggiungi anche il pepe bianco (in bacche! Ossia, i cicitti!) e, se ti aggrada, una piccola fogliolina di salvia (no quella sleppa che c’hai lì davanti che pare (sembra) ‘na vrancia de ‘nzalata (ampia foglia di insalata)!

Lascia cuocere per circa due ore e mezza. Una volta ottenuto il brodo, separalo dagli ortaggi e dalla gallina e filtralo. Una volta freddato potrai levare l’eventuale olio in eccesso che si è formato in superficie. Brodo fatto!

Per il ripieno:

La gallina che giace a pezzi in quel contenitore di ferro lì innanzi ai tuoi occhi, ha ancora una funzione utile da svolgere. Separa la pelle e la carne dalle ossa. Separa la pelle dalla carne. Separa la carne da… Gnende (niente)! Finito! Prendi la carne e alcune piccole parti della pelle e mixale insieme con un mixerino/minipimer che hai. Dovrai ottenere una pasta pomatosa, tipo “spuntì” ( e la mamma lo sa?!). Di pelle mettine poca, io ti consiglio di aggiungere solo la pelle dell’estremità delle ali; bruciacchiata e profumata darà un leggerissimo tocco fumè al ripieno. Fai bollire per un quarticello la cicoria in una pentola. Usa per il ripieno solo il cuore della cicoria. Una volta bollita, strizzala bene (altrimenti l’acqua del ripieno ti spaccherà i ravioli!) e sminuzzala fino ad ottenere una massa pastova verde. In un contenitore mischia insieme la ciccia e la verdura (identiche quantità, diciamo un etto di carne e 80 grammi di cicoria), aggiungi del parmigiano grattugiato e aggiusta di sale. Sbatti un uovo e aggiungilo al composto. Ripieno fatto!

Per la pasta:

Vedi la ricetta della pasta che trovi nel sito! Comunque disponi a fontana la farina, poni nel mezzo le uova e il pizzico di sale, e sbatti con la forchetta. Incorpora (sano) il tutto e lavora per una decina di minuti la massa. Riponi in frigo per un paio d’ore la massa avvolta nella pellicola. Trascorse le due ore stendi la massa, metti il ripieno e fai i ravioli. Fine!

Per il servizio:

La racchetta, alta la devi tenere! Porta il brodo a bollore e butta i ravioli. A cottura ultimata leva dal fuoco. Io i ravioli li ho cotti con acqua salata a parte, così il brodo rimane limpido…ma io so’ fissato! Impiatta mettendo un mestolo di brodoe sette ravioli. Se vuoi fa’ il fico, aggiungi unparde pistilli de zafferano! Squisitoooo!!!

Marco in Padella

ravioli con ventresca di tonno e cipollotti al limone sticchinente

13 Lug

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Prefazio’:
Tempo fa avevo visto chef Rubio che parlava di burro in salamoia. Fantastico dico io. Devo stroa’ (trovare) la ricetta. La ricetta non la trovo. Trovo però quella dei limoni in salamoia. Limoni in salamoia?!?! E che ce se fa?!?! Maa che me ponno (possono) servi’ i limoni in salamoia?!?! Cosa farci non lo sapevo ma provai ad eseguire la ricetta. (La ricetta che ho seguito ‘ndo (dove) ve la metto non lo so ma in due parole ve la sintetizzo sotto a modo mio… Poi proverò a fare una pagina dedicata alle conserve). Comunque, oggi mi sveglio e mi chiedo: che possiamo mangiare a pranzo?! Mentre cerco nella credenza trovo un barattolo che giorni addietro a seguito di eruzione aveva straripato buttando fuori parte del suo contenuto nonostante la attappatura con guarnizione. E questo che è?! Il barattolo del limo’ in salamoia!!! E chi se lo ricordava più! Proviamolo!!! Lo sradico dall’incrostazione che l’eruzione aveva creato alla base e lo stappo. Ne provo un pezzetto… Orripilante! Un sapore devastante e salato, pizzichente (c’è il pipiloncino) e aromatico. Su tutto regna imperiosso il Re dei Limo’ de Surrient’ di Vichi(ce ne ho strizzati 3 o 4): grazie Vichi! Se uno ti benda dici: detersivo per piatti… E invece no, è il limo’ in salamoia!
Rimango perplesso. Poi subbito: che ce se po’ (può) fa?!?! Indove lo posso adopera’?! Ravioli con ventresca e cipollotti al limo’ in salamoia!!!

Ingred (Bergman) Ienti per 4 persone:

1 etto e mezzo di vetresca di tonno in scatola (massima qualità), 1 cipollotto, colatura d’alici, fettine di limone in salamoia, burro, origano e, se vi va, un pomodoretto secco sott’olio…Ovviamente 2/3 etti di ravioli a seconda di quanto siete sprocedati. Se fate 3 etti di pasta aumentate le dosi degli altri ingredienti…

Esecuzione:
Prendete un bel piatto e posizionate il limone come nella fota. Mettete delle gocce di colatura di alici alla base del piatto e stop. Fate bollire i ravioli e scolateli. Intanto avrete soffritto il cipollotto sminuzzato con un po’ d’olio. Mettete un pizzico di sale e fate freddare. Aggiungete al cipollotto il burro mentre la temperatura scende. Una volta freddo, aggiungete al composto er ventresca. Versate i ravioli nel composto una volta scolati e cotti. Smischiate. Poggiate i ravioli nel piatto e cospargete il tutto con origano. Fantastico piatto. Il verdicchio ci si sposa a perfezione! W le Marche!!! W Er Ventresca!!!
Io ci bevei una Malvasia dell’azienda “la Staffa” di Staffolo.

Malco

ps1 il limone posto all’esterno del piatto serve a far rimanere i sapori distinti e a permettere al mangiatore di scegliere il momento in cui sentire in bocca l’esplosione del limone in salamoia. In verità il piatto lo dovrei chiamare “ravioli buco di culo” perché scoprire un abbinamento così efficace e particolare a volte è questione di fortura e sperimentazione. Ma è un none troppo volgare e il Mozzo mi ha redarguito!

ps2 ricetta pe’ ‘l limo’ in salamoia. Pigli il limo’ lo taji (tagli) a fette, lo metti in un vasetto e ogni piano ce metti un cucchiaro de sale, 3/4 grani de pepe, 3/4 pezzetti de peperonci’ e ce spremi mezzo limo’, poi fai ‘naltro piano… poi (puoi) mettece anche l’alloro. Arria (arriva) fino all’uru (in cima) e ‘ttappa (sigilla). Spetta un misittu (all’incirca un mese) e magna.

Spaghettoro di Verrigni alle briciole di seppia di bosco cantabrica…enammisè!

28 Giu

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L’urlo trapanarecchia di mia figlia mi sveglia che ancora cerco di digerire la bottiglia di vino della cena. Sono le 5.30; al mio fianco il Mozzo riverso a mo’ di mezzena di vitella con gli occhi socchiusi accheta di nuovo il mostriciattolo che per tutta la notte non ci ha fatto dormire. Ma io non ho più sonno. Così sommo un numero “x” di giorni all’ultima pioggia e visualizzo il luogo “y” in mente, eseguo una complicata operazione matematica ed ho un risultato sicuro: FUNCHI!!!! Si va.
Tornato con trombette, porcini, russole e pizzicate sulle gambe ho dentro un’esigenza primaria: ‘nventete (inventati) una pasta che non sia la solita (ottima e stupenda) tajatella coi funchi… Certamende (certamente)!

Ingredienti (per tre persone)
300/400 grammi di misto funchi fresco e di bosco…llea (togli) ‘sso (quel) sacchetto de porcinacci surgelati de supermercato da le ma’ (dalle mani)! Poi, alici del Mar Cantabrico…mette via (togli) ‘sse (quelle) aliciacce dell’eurospì! Poi 2 seppie dell’Adriatico…non proà (provare) a mette drento (dentro) ‘ssa sporta (quella busta) ‘sse seppiacce surgelate…burro qubbì (quanto basta), pane integrale secco, pepe, sale, prezzemolo, aglio, olio…spaghetti di ottima qualità (io ho usato quelli Verrigni, trebbiatura 2013)…Me pare (mi sembra) che ci stamo.

Procedimento:
Scottate le seppie su una pentola bella calda e pressatele da un lato quando le cuocete. Giratele e pressate. Salatele delicatamente e levatele dalla pentola. Non cuocetele più di 40/60 secondi (in base alla grandezza della seppia) sennò diventano dure. Vedrete che la seppia cotta diventa una specie di sigaro arrotolato. Tagliatelo a lamelle sottili sottili, aggiungete dell’olio e stop. Poi versate dell’acqua nella pentola in cui avete scottato le seppie e raccogliete il fondo di cottura. Riducetelo e filtratelo con un colino. Più o meno dovranno restarvi 3 cucchiaini di liquido.
Poi passate ai funchi: puliteli tagliateli a pezzettoni, metteteli in pentola con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio. Dopo due/tre minuti di cottura levate l’aglio e aggiungete il burro (se volete mettete un pezzettino di pipilongino, ma piccolo!). Dopo 5 minuti levate i funghi dal fuoco. Lasciate del burro di cottura in pentola e levate la pentola dal fuoco. Triturate una alicia e mezza e mettetela nel burro della pentola, poi schiacciatela ulteriormente con la forchetta. Cuocete la pasta in acqua salata, scolatela e versatela nella pentola col burro alicioso. Versate i porcini in pentola e smestecate (mischiate).
Componete il piatto mettendo il cucchiaino di concentrato di cottura sul fondo del piatto, poggiate una sforchettata di pasta sopra, mettete i riccioli di seppia che avete tagliato sottilissimi, briciole di pane integrale che avrete pestato con un pestello da pesto, un pizzico di pepe, olietto, un pochino di prezzemolo (Simone direbbe maggiorana) e buon appetito!

Marco in P.

PS vado a correre!

Pasta cu li scarciofeni de Montelupo’

16 Mag

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Allora lo scarciofeno lo conosciamo tutti. Alcuni lo chiamano carciofo, per fa’ vvedé che sanno il taliano…
“Scusa, ma ‘ssa (questa) pasta com’è?”.
Com’è. Eeee, com’è, cuscì cuscì (non proprio il massimo), è un po’ amara, salata…puzza pure un pochetto….
Com’è?!?! Che dici, come sarà?!?! È buona! Non è che te posto una ricetta cattiva, quindi che domande me fai?! Poi se tu nun sei bravo a coce (cuocere), allora “è diferente”, come dice nonna!
Lo scarciofeno piace a tutti. “Non è vero!”, vabbé trovamelo tu un pazzo a cui non piace…
Una voce acidina e appuntita si alza dal coro: “a me i scarciofeni non mi piace”. È il mozzo da cucina a parlare. Proprio lei, il mozzo: tu quoque Mozzus convivente more uxorio mia!!!
Da quando ho saputo che il mozzo detesta lo scarciofeno ho iniziato ad avere dubbi su di lei… E se un giorno uscisse fuori che detesta l’agnello?!?! Chi vive con me?! Il nemico dorme nel mio letto!

Tornando a lo scarciofeno: Montelupone, ridente paesino dell’entroterra, produce ottimi carciofi. A Montelupone si tiene ogni anno (a maggio) una famosa sagra: la sagra degli scarciofeni. A Montelupone i scarciofeni so’ proprio buoni.
Ora, chi ama lo scarciofeno lo sa: esso è un tipo difficile. Ci bevi il vino? Spesso l’abbinamento stride. Lo accosti ad altre pietanze? Ci fa a cazzotti. Te lo magni da per esso (da solo) a ‘nzalata (come insalata)? Bravo, però non sei una mucca e lo dovresti cuocere oppure abbinare a qualcosa di sfiziosso!
Che ce dice col carciofo? Roma docet. Roma imperat. Roma rules!
Carciofo+menta+alicia+parmigiano/pecorino=ce dice.
Non è che per forza devi mette tutto insieme, però questi ingredienti tra loro vanno d’accordo che è un amore.

Ingredienti:
2 etti di pasta che ti piace, 2 foglioline di menta piperita, 3 scarciofeni (de Montelupò!), pecorindo romano q.b., un filo d’olio e sale.

Preparazio’:
Lustra i scarciofeni…lustra…’rcapa i scarciofeni, ossia leva le foglie esterne e le punte piccose. Tieni da parte le foglie scartate. Pulisci i gambi (decorticatio). Se il carciofo è particolarmente tenero fallo a fettine sottili altrimenti dagli una sbollentata nell’acqua di cottura della pasta (5 minuti basteranno).
Metti le fettine di carciofo (anche i pezzi di gambi se teneri, sennò pre-bollisci!) in una pentola bassa e fallo leggermente arrostire. Poi aggiungi un filo d’olio e poco dopo dell’acqua (1/3 di bicchiere) e fallo cuocere per circa 10 minuti (anche meno se ti piace sentire lo scricchiolio delle foglie). Incoperchia!
Getta le foglie di scarto del carciofo nell’acqua della pasta che bolle e toglile una volta che avranno rilasciato tutto il loro profumo e colore.
Cuoci la pasta e scolala un paio di minuti prima della cottura. Termina la cottura rigirando la pasta nella pentola con un po’ d’acqua di cottura.
Leva dalla fiamma e fa raffreddare leggermente. Aggiungi alla pasta il pecorindo romano e rigira il tutto fino ad ottenere una cremina. Aggiungi le foglie di menta tagliate a piccoli quadretti. Rigira. Aggiungi infine i scarciofeni.
The ende!!!

Buon appetito

Marco

PS io adoro i carciofi. Mi piacciono crudi, cotti, mezzi cotti mezzi no, fritti, bbrusciati, insomma sono fantastici. Il primo abbinamento che mi ha folgorato ha come protagonista lo scarciofeno: acqua fredda e carciofo sono incredibili insieme. Voi direte che è una stupidata. Ao, c’aveo 10/12 anni! È stata la prima volta che mi sono accorto che un abbinamento corretto esalta il sapore e lo porta verso nuovi profumi. Provateci e vedrete. Un carciofo fresco cotto in pentola con aglio e prezzemolo e un bel bicchiere di acqua ghiacciata e liscia (acqua naturale): il massimo… Però se ci volete mettere un vinello… Provate il verdicchio!
PS2: la foto de lo scarciofeno de Montelupo’ l’ho presa dal sito di “Marche Tourism Network”. Grassie!

Tortellini in brodo (zio bon!)

1 Gen

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Buon Anno!
Per festeggiarlo parto con una ricetta tradizionale che in questo giorno abbonda di sicuro sulle tavole di milioni di italiani: tortellini in brodo (zio bon!).

Li ho fatti per la prima volta e devo confessare che non sono ancora del tutto soddisfatto, però, la ricetta ve la posto lo stesso, tanto gli ingredienti so’ quelli e vi vengono ottimi di sicuro! Sono io che sono fissato (come tutti gli sceffi), che ogni cosa deve essere perfetta, che nun se pole (può) sgarrà de un millimetro, che, difatti, per tagliare la pasta a quadrati pricisi pricisi (non avendo le rotelle taglianti di Mazinger) ho usato il metro, vedi fota!

Difficoltà: e ‘na madompera (abbastanza complicati)
Tempo: quattro/quarti
Persone sfamabili: 4/6 jente (persone)
Difficoltà: fa le cose pricise e ‘ttappare lo tortellino fatto vè (in modo corretto).

Ingredienti per la pasta:
400 gr. di farina di semola, 4 uoua (uova).

Ingredienti per il ripieno:
Sebbene tra Modena e Bologna la regola è di mettere nel ripieno maiale, mortadella, persiutto e reggiano, qui siamo nelle Marche e da noi ce vole un macinato fino fino quanteché di: 400gr di carne di cui 1/4 manzo, 1/4 maiale, 1/4 pollo e meno de un quarto de mortadella, ciò che manca al quarto de mortadella andrebbe colmato con un tantì (un poco) di prosciutto dolce de le parti nostra… Poi nel ripieno mettete parmigiano reggiano stagionato q.b. e noce moscata q.b. Non esagerate col parmigiano e la noce moscata perché la carne s’ha da senti! Infine un po’ di sale.

Fatta la pasta (se non sapete come andate a vedere la pagina sulla pasta, di cui cercherò di mettere un link) dividetela in 4 parti e stendetene un quarto sul tavolo da lavoro. Tagliatela a quadrati di 3/4 cm per lato (diagonale 4,23/5,64, angoli di 45 gradi e uno di 90, mi raccomando)!
Rimpippate i quadrati con una mezza luna di ripieno e formate un triangolo con la pasta richiudendo il quadrato su sé stesso. Premete poco per incollare i bordi della pasta altrimenti li spampinate (deformate) tutti.
Mettete un dedo (dito) alle spalle del triangolo (l’uomo usi il mignolo, la donna lo indice), e avvolgete i due estremi attorno al deto stesso. Con una leggera pressione incollate i due estremi del triangolo tra loro dando vita al vostro primo turtelino!!!
Abbiate cura di effettuare queste operazioni velocemente in modo da evitare che la pasta si secchi, che voi imprechiate, che l’inferno apra a voi le sue porte.

Ingredienti per il brodo:
Un pezzo di manzo, un pezzo di manzo con tenerume, mezza gallina, sale pepe e chiodi di garofano, una costina di sedano, una carotina e una cipolletta. Fate brasare leggermente un lato della carne di manzo, aggiungete acqua, aggiungete il resto degli ingredienti e fate bollire sino a cottura ultimata (circa 3 ore e mezza, quattro).

Una volta che avete il brodo, levate la carne e portatelo a bollore, immergeteci i vostri turtelini che avrete fatto essiccare per una trentina di minuti fuori dal frigo e che poi dovreste conservare in un apposito luogo freddo e asciutto, ma che essendo dei “semplici cittadini” (citazione) conserverete in frigo con la conseguente appiccicosicatura del turtelino stesso.
Magnateveli con un po’ di parmigiano sopra, se vi aggrada.

Attenzio’: quando mettete i turtelini nel contenitore che li intrappolerà sino al momento dell cottura, cospargeteli con abbondante semola. Essa provvederà a tenerli separati l’uno dall’altro e a non farli appiccicare al contenitore, altrimenti, se non userete la semola, le porte dell’inferno si apriranno di nuovo udendo le parole che sarete stati in grado di proferire!

Buon 2014, Marco

Ravioli del bosco

9 Nov

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Ho diverse ricette da pubblicare e devo pure iniziare il corso di pasticceria “chi la Durée la vince”, ma tempo non ce lo ho. Presto, forza, veloci, daje, sursum corda (che non so che significa)!
Però, come dice nonna: prima lo rite e poi lo strite (nonna dice diverso, ma qui mi ci dice così e significa “prima le risate e poi… e poi… va un po’ a tradurre strite…le cose dure, brutte”). Iniziamo con un indovinello al contrario. Funziona così: io vi do la definizione e voi mi dovete dire di cosa si tratta. Fatto al contrario ( se io vi chiedessi cos’è una certa cosa e poi vi dessi la soluzione) sarebbe troppo volgare! Quindi, la definizione è “un buscio che ha fatto Cristo pe’ fa scappa’ lo fiato tristo”. Che cos’è?! Parenti e amici intimi si astengano dal postare la risposta.

Ciò detto, veniamo alla ricetta. Ravioli di bosco. Dagli ingredienti lo si capirebbe subito. Ricotta, buccia d’arancia, lonza, chi di voi è stato nel bosco sa che lì i maiali vivono allo stato secco/stagionato, sottosale quasi, che è pieno di alberi d’arancio e che la ricotta nasce spontanea dal terreno. Ma certe cose non sono note a tutti. Proseguiamo.

Tempo di esecuzione: 2h e mezza
Difficoltà: tribulata (richiede impegno)
Porzioni: 3/4 a seconda dell’appetito… nota culturale: anche per 1 se c’avete la fame di Pantagruel.

Robba (ingredienti):
1 uovo intero e 1 rosso, 120 gr di farina (semola, solo semola, ho detto solo semola!), 2 etti di ricotta di pecora, 1 etto di castagne (anche 1 etto e mezzo a seconda dei gusti), 2/3 foglie di salvia a capoccia (a persona), funchi porcini secchi (2 manciate, fateli rinvenire in acqua! Tocca divve tutto!!!), 5/6 fette di lonza, 50/60 gr di burro, 40/50 grammi di gorgonzoller (gorgonzoller lo dico io per scherzare, intendendo dire gorgonzola), se la trovate buccia di arancia, crema lenitiva (*facoltativa).

Preparazione:
“Ennammisè tutti ‘sti ingredienti!” Obietterà qualcuno di voi. Tutte robe che, come detto, trovate nel bòsco. Forse qualche difficoltà per il gorgonzoller che cresce solo a fine agosto.
Una precisazio’: la lonza che qui si intende utilizzare è quella di Ascule. “E sì, perché ammò la lonza de Ascule è più bbona de n’antra lonza?!”. Per prima cosa noi delle Marche intendiamo per lonza quel salume ricavato dal collo del suino che Lino Banfi spezzava nei suoi film: “ti schpezzo la noce del capocollo”. Nel nord Italia invece la lonza è un talgio di carne, la nostra lonza al nord la chiamano, mi sembra, salame. Lonza è anche quell’animale che Dante (sommo poeta) incontra all’inizio della Divina Commedia e che per poco non je muccigava (gli mordeva)! Ma la lonza nelle Marche è anche un dolce tradizionale. E ancora: Lonza è anche una famosa società il cui sito è http://www.lonza.com. Insomma, pare che ‘sto nome “lonza” vada forte; se avrete un figlio/figlia sapete già come chiamarlo!
E c’è già qualcuno che sta a di’: ao, ma quanno inizia ‘sta ricetta, mica c’ho tempo da perde, e daje! E allora, iniziamo questa ricetta proprio per te, gran rottura de… del ritmo narrativo del presente testo.
Però prima concludo il discorso: ho suggerito di usare la lonza di Ascule perche nelle campagne di Ascoli la lonza ha una caratteristica ben precisa che a me piace mooooolto: i produttori di lonze casalinghe usano aggiungere scorza d’arancia sulla superficie esterna dell’insaccato; questo rende tale tipo di salume assolutamente perfetto per la ricetta qui presente!
Piglia la farina, fa ‘na montagnetta, buttace drento le ova. Smuscina (rigira) co’ la forchetta come se devi fa la crema. Sbatti l’ova (le uova). E a poco a poco ingloba la farina. Quando il composto diventa denso come una pallocca appiccicosa e tu stai a suda’ come sudi ad agosto in spiaggia dopo un piatto de bucatini e due bicchieri de vino rosso, applica tantum verde/fastum gel/voltaren al polso e continua a smuscina’ fino a che nun te se torce la forchetta. Ovviamente non te devi fa’ male e la forchetta non si deve torcere, era una battuta… ma a te ce lo devo scrie (te ce lo debbo scrivere) che non se sa mai!
Inzia a lavorare la massa con le mani sino ad ottenere un composto spiccatamente elastico (che proprietà de linguaggio!), circa 15 minuti. Poi appalloccalo, ‘ncartalo co’ la carta trasparente per alimenti e ficchelo in frico (riponilo in frigo). Attendi (stai attento) due ore. Era ‘nabbattuta attendi, stai attento…perché noi nelle Marche la “t” la famo “d”. Ridi? Noo? E me dispiace, proverò con qualcos’altro nel prosieguo (difficili certe persone…). Fatta la pasta serve il ripieno. Fai sgoccilar bene la ricotta e lessa in acqua le castagne per una 30 di minuti. Prendi la polpa delle castagne lessate e sfragnela (frantumala) con un mortaio o una forchetta fino a farla divenire come una crema. Unisci le castagne alla ricotta e sala il composto. La mia opinione è che la castagna non deve mai prevalere sulla ricotta un giusto mix dei due sapori è il risultato che dovrai ottenere. Stendi il ripieno con una forchetta se non è molto asciutto, così farai evaporare un po’ d’acqua e funzionerà meglio come ripieno. Trifola i funghi (ossia: padella, filo d’olio, spicchio d’aglio schiacciato, pezzetto de pipiloncino e una spruzzatta…spruzzata, cioè poco…dicevo, spruzzata de prezzemolo sminuzzato) e falli a pezzetti piccoli piccoli. Puoi tritarli con la mezza luna. E uniscili al composto.
Stendi la massa che hai in frigo e metti una pallina di composto per ogni raviolo. Insomma fa’ ‘sti ravioli…non occorre che ti spieghi come si fanno. Se non lo sai trova la ricetta all’interno del blog. “Mettemece il link”. No’ lo so fa’! “Ok, grazie lo stesso”. Ciao. “Ciao”.
Intanto taglia la lonza a striscioline e scottala un minuto in padella (senza olio). Aggiungi 7/8 quadratini (piccolissimi!) di buccia di arancia (senza il bianco della buccia) e il burro e fa rosolare per un paio di minuti a fuoco dolce…non me bbruscia’ (bruciare) il burro! Metti il gorgonzoller nel burro e fallo squaiare. Che cremina! Aggiungi tre foglie di salvia. Stop.
Una volta portata a ebollizione l’acqua (e salata l’acqua) versa i ravioli e cuoci per 4/5 minuti (il tempo dicottura varia a seconda della durezza della semola che hai usato…io ti consiglio dicuocere prima un solo raviolo così valuti quanto tempo ci vuole, poi versi tutti gli altri). Versa i ravioli nel sughetto e impiatta aggiungendo una fogliolina di salvia (ma anche 2 o 3) per guarnizione.

Un mix di sapori eccezionale! Ripeto, un mix di sapori eccezionale…senti che sapore che c’hanno i maiali secchi che vivono allo statobrado nel bosco!

Marco

Zuppa scura con funghi, pepe e liquirizia

26 Ott

zuppa scura

Arrivato è l’autunno. Lo si vede dagli abiti che indossiamo (maglietta a maniche corte), dai termosifoni tiepidi (da me so’ spenti) dalla temperatura esterna (24 gradi ieri!)…. lo si vede dalla data; 26 ottobre è autunno. Punto.
In autunno si mangiano i funchi, si mangi la zuppa perché è freddo e c’è la nebbia. Quindi zuppa sia!

Io mi fisso. La liquirizia (che adoro) dovrà pure andare d’accordo con qualcosa di salato. Mi ci ero fissato. Da noi si dice che chi si fissa fa “come Carcagni”. Ignoro chi sia il sig. Carcagni, ma da attendibili fonti locali risulta incontrovertibile che il suddetto “se fissò co’ le pocce de la serva”. Io ho fatto “come Carcagni”: me fissai co’ la liquirizia.

L’ho messa dappirtuttu (ovunque), sul lardo, sul pesce, nella pasta… ci diceva, per carità, ma voi cheffi che seguite con assiduità il bloggo conoscete bene la terza legge di Cracco: NV= B+(X)P; ossia, la nuova ricetta è bbona davvero solo se l’ingrediente strambo (X) che ce mettete, rende la vostra creazione migliore di come sarebbe senza ‘sto ingrediente. Se alla prima cucchiarata (cucchiaiata) vi guardate negli occhi con il coninquilino (marito/moglie/figlio/amico/amica/canittu ecc.) e avete la faccia di chi dice: “la prossima volta la proviamo a fare normale”, allora il risultato che avete ottenuto va rivisto. A me con la liquirizia è capitato così. Ma mai per vinto mi do. E allora provavo e riprovavo. Ma gnende (nulla, alcunché). Fino a che, qualche giorno fa, per caso dico: famme ‘mpo’ vede’ che succede se metto la rigulizia (liquirizia) coi funchi… Era buona, ma non aveva nè capo nè coda, una roba strana tanto per cucinare strano…come direbbe nonna: per fa’ lo saputo. Poi però mi cadde nel piatto una corposa macinata di pepe nero. L’odore parla chiaro: pepe e rigulizia ci stanno. Allora faccio una cucchiaiata di zuppa, la rimpippo (riempio) col pepe nero macinato grosso, gocce di infuso di rigulizia e…. eccizziunalo veramente!

RICETTA:
Zuppa scura di funghi con pepe e liquirizia

TEMPO DI ESECUZIONE:
20-30 minuti

DIFFICOLTA’:
Ciambotto (bassa)

INGREDIENTI:
Un grosso fungo da zuppa (io che vado a funchi ho messo il boletus rufus, quello col cappello rosso e le fibrille sul gambo, che diventa nero alla cottura ecco perché si chiama “zuppa scura”),1 cipolla bianca, 1 aglio, 1 patata di medie dimensioni, 1 chicco di liquirizia, 1 sale e 1 grani di pepe da macinare grossolanamente, 1 olio q.b. Fine. (ovviamente “1 sale”, “1 grani di pepe” e “1 olio q.b.” è un ischerzo… per i limmelloni: si legge sale, pepe e olio q.b.).

PROCEDIMENTO:
Prendete una padella. E fin qui ci siamo. Arroventatela. Goccio d’olio (nella padella). Versate le cipolle tagliate grossolanamente (l’acqua si versa, le cipolle si aggiungono). Fate più che imbiondire. Lo scopo è ottenere un leggero (ho detto LEGGERO) sapore di affumicato. Aggiungete i pezzi di rufus tagliati grossolanamente (quanto siete grossolani!) e l’aglio schiacciato . A parte fate bollire la patata (la patata la si bolle con la buccia altrimenti il sapore va a finire nell’acqua di bollitura… “Ma io l’acqua di bollitura me piace a bemmela (bermela)”. E allora metti in acqua due patate una per la ricetta con la buccia, l’altra senza buccia per fattece l’acqua da bere). Una volta che le cipolle sono sbruciacchiate (leggermente!) levate l’aglio e aggiungete un bicchiere di acqua. Aggiungete la patata bollita tagliata a tocchetti e versate in idoneo contenitore per sminuzzare il tutto col minipimer. Tenete per voi 4-5- pezzi di fungo che salverete dal tritatutto per aggiungerli alla zuppa integri e succulenti!
Ora avete una brodaglia profumata, scura e anonima…che fare?! Prendete un padellino piccolino nino nino, mettete in ello 2-3 cucchiari di acqua e un “chicco” di rigulizia. “Ma dove la prendo io la liquirizia per cucinare? Come farò? La mia ricetta avrà un esito negativo!” Calma, amico/a, calma! Il rigulizio lo si trova in commercio. Ci sono tante marche. Ma tu che “stupido non sei e le capacità ce l’hai” (nonna t.m.) saprai di certo orientarti bene nello scegliere un estratto purissimo al 99,5% di rigulizia. Scalda l’acqua e portala ad ebollizione, aggiungi un solo chicco di liquirizia e spegni la fiamma. Non cuocere la liquirizia altrimenti cambia sapore e diventa “caramellosa” e a me caramellosa la liquirizia non piace. “E mica te la devi magna’ tu!” Anche questo è vero, allora cuocila e poi vedi (fa come te pare, poi quando ce sbatti le corna…)
Non preoccupatevi se la liquirizia non si scioglie completamente il sapore dell’infuso sarà perfetto ugualmente.
Aggiustate la densità della zuppa prima di procedere. Dovrà essere bella densa ma non pseudo-solida!

PREPARAZIONE:
La preparazione in questo caso è molto importante sia per un certo appeal estetico che per un paritetico risultato gusto-olfattivo. Detto più chiaramente: l’occhio vole la parte sua. Di pepe ce ne va abbastanza e va distribuito in modo omogeneo sulla superficie del piatto. Distribuite sulla superficie le gocce d’olio una ad una in modo che anche queste siano omogenee. Ed ora aiutandovi con un cucchiaino versate gocce di intingolo di liquirizia qua e là. Ovviamente anche in questo caso fate in modo che le gocce di liquirizia siano anch’esse omogenee. Provatelo… Com’è?!

Marco in Patella

tajatelle alle cozze e gamberi arrosto con fagioli

4 Ott

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“Che bbono, che bontà!” penso, sbracato (sdraiato) sul letto, del pranzo che ho appena terminato. Che bbono! Che goduria! Eccovi la ricetta per un pranzo di pesce economico…

Costo: 12 euri per 2 persone
Difficoltà: schcafatu (medio-bassa)
Tempo di esecuzione: 30/40 minuti
Musica: ho chiesto al mozzo di cucina che ha risposto: we all live in a yellow submarine… E poi è scoppiata a rite (ridere). Io suggerisco: rolling stones … start me up.

Ingredienti (per 2 persone):
1 kg di cozze, 6 gamberi tigre (freschi, bboni, belli cicci), 1 limone, menta, maggiorana, pepe, sale (dolce di Cervia se lo avete), 1 spicchio d’aglio, olio (di semi e di oliva…oh! non c’occorre che ve lo dico che per olio di oliva si intende l’olio extra vergine super bono…), fagioli borlotti 2 etti anche tre…le tajatelle…me pare (sembra) basta…

Esecuzione:
Sparate alle cozze e impiccate le mazzancolle (gamberi). Fine

Procedimento:
Una volta che avrete giustiziato i vostri frutti di mare procedete cosintra (così):
pulite le cozze e mettetele in una pentola con un filo d’olio (anche ‘mparde , ossia due, fili vanno bene), uno spicchio d’aglio schiacciato e incamiciato, una macinata (anche tre) di pepe e uno spicchio di limone spremuto. Mettete il coperchio e cuocete per 7/10 minuti circa.
Una volta cotto il mollusco levatelo dalla coccia (conchiglia) e ‘mmucchiatelo (accatastatelo) sul tagliere. Sminuzzate con la mezza luna (lasciatevi qualche ciccio intero per la guarnizione del piatto!). Con le cozze avete fatto, ora tocca ai gamberi…
Pulite le mazzancolle. Levate la cotica (la corazza) esterna lasciando la parte terminale della coda. Levate l’intestino aiutandovi con uno stuzzicadenti. Tagliuzzate il gambero in pancia per evitare che si arrotoli durante la cottura. Una volta puliti i gamberi conditeli con menta sminuzzata, pepe e sale e bagnateli con olio di semi.
L’acqua bolle. “Ma tu non ci avevi detto di metterla sù!”. Ho detto: l’acqua bolle! “Vabbuono, l’acqua bolle…”.Versate i fagioli in acqua e dopo 10 minuti finite la loro cottura in un padellino in cui avrete messo olio e un po’ di peperoncino. Usate l’acqua rifatta dalle cozze per finire la cottura dei fagioli. Quando il fagiolo si ammorbidisce è cotto. Sminuzzatelo fino ad ottenere una crema. Aiutandovi con un cucchiaio disegnate delle curve fagiolose sul vostro piatto di portata. Ivi poggerete i vostri gamberi una volta cotti.
Buttate le tagliatelle in acqua. una volta cotte saltatele velocemente in padella con le cozze e alcune foglioline di maggiorana (sminuzzate). Versate un po’ del brodolicchio fatto dalle cozze durante la cottura.
Impiattate come più vi aggrada.
Intanto scaldate una padella in acciaio a fiamma viva. Mettete i gamberi a rosolare prima da un lato e poi dall’altro (se sono gamberi cicci io consiglio 5 minuti per lato…ragolatevi con la potenza della fiamma sennò ve se bbruscia (brucia) tutto!). Una volta cotto il gambero poggiatelo sulle mezze lune di fagioli, spruzzate alcune gocce di limone e un filo d’olio….che altro?! Vino? Malvasia friulana!

Papà Marco!

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la gricia o griscia o grigia…

24 Ago

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Per chi vuole godere della imperdibile prefazione vada in fondo. Chi, invece, c’ha solo voja (voglia) de magnà cora (corra) a accende i fornelli e legga qui di seguito…

Ricetta: la gricia o grigia ovvero griscia, anche nota come Grisham, venerata come Krishna…

Difficoltà: scafatu (per le attenzioni minimali che richiede)

Utensìli: padella de fero (ferro)

Ingredienti per 4 persone:

400 gr di super pasta (io ho usato una splendida pennetta di Giovanni Fabbri, fantastica), 250-300 gr di guanciale superbo (a seconda di quanto presto volete che ve se attappino le arterie de colesterolo), 80-120 gr de pecorino romano (o di amatrice, o dei Monti della Laga, o dei…Sibillini!!!! Boato di gioia al nome dei Sinillini!), pepe, sale… ‘na pentola, il fuoco, ‘na cucchiara de legno pe’ smestecà (rigirare), la corente elettrica, sennò il fornello non parte, la grattugia…i piatti, le forchette, lo scolapasta, un tovajolo, lo vì bbono…più o meno ce stiamo: tocca a divve tutto!

n.b. La pentola di ferro è d’obbligo perché vi abbristolisce il guanciale a perfezione.

Preparazione:
Mettete l’acqua a bollire e salate a momento opportuno (voi sapete quale, ormai!). Intanto scaldate la pentola e versateci dentro il guanciale a soffriggere. Occhio che te se bruscia (brucia)! Mettete del pepe. Levate dal fuoco a rosolatura avvenuta. Per chi ha coraggio da vendere: soffriggete con un cucchiaio di strutto.
Intanto avrete messo la vostra pasta a cuocere.
Scolatela piuttosto dura e versatela nella padella col guanciale tenendo l’acqua di cottura. Saltatela in padella per far formare la deziosa cremina.
Spolverate con un pugno di pecorino e rigiratela. Impiattate posizionando qualche brancia (foglia) di guanciale sopra la pasta e spolverate con pecurino e pepe. Fine.

Introduzione:
Allora. per prima cosa la gricia o grigia, anche nota come griscia o Grisham ecc. non è una ricetta del Lazio, ma dei pastori degli appennini. In particolare dei pastori abruzzesi. Quindi: damoce tutti ‘na carmata (una calmata).
Poi, la gricia è la nonna della matriciana o amatriciana. La zia se chiamava carbonara e c’aveeno (ci avevano) un figlio illegittimo chiamato cacioepepe. (Intanto sento “before and after science” di Brian Eno.. bellissimo). E inoltre: è inutile che fai la gricia se non c’hai il guanciale supremo. Ora, non tutti sanno che il guanciale più buono lo fanno proprio nel paese di Guanciale…ovviamente è una cavolata. Il guanciale più buono lo fanno sul monte Pancetta.
Scherzi a parte e Carramba che sorpresa, il guanciale è fondamentale, non me ce mettete la pancetta che non ha senso. La pancetta ha tutto un altro sapore. Diciamo che il meccanismo logico che vi deve guidare non è: voglio fare la gricia trovo il guanciale, ma semmai l’inverso: ho trovato un guanciale incredibboli, faccio un pisolino (per chi non segue: guanciale/pisolino) e poi quando me svejo me faccio la pasta. Ok?! Ok.
Poi, la pasta deve essere super buona. Te deve inamidà la pentola. Deve fatte la cremina. Quella che ho usato io era eccellente. Uno cheffo non potrebbe desiderare di meglio! Quindi un grazie a “Ugo” che me l’ha regalata.
In fine il vino. Il vino deve esse’ tosto: un chianti, un rosso piceno…io ho bevuto quello in foto.
Che goduria, che bontà! Alla faccia del paté de fuà grà du marron glasé de ta mer! 😉

Marco

p.s. il mio guanciale l’avevo adocchiato da un mese: cotennoso, filo di carne in mezzo e grasso lucido. Non rosso, un poco opaco. sapeva di cioccolato, di tabacco, di whiskey…che bbono!

p.s.2 notate come l’acqua di cottura della pasta e il pecurigno romano (et simili) abbiamo identico sapore: un abbinamento perfetto. Davvero un piatto eccezionale. W i pastori degli Appennini!

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Spaghetti cacio e pepe

5 Giu

Arieccomi qua!!!!!!!!!!

Chiedo scusa a tutti gli assidui lettori che non vedendomi più hanno acquistato corone di fiori! C’aveo da fa’ (ero indaffarato)! Ho avuto un periodo super pieno e non avevo tempo per postare…. sorrry sorrrry

Le ricette in inglese le devo da posticipa’ a causa dell’indaffarataggine.

Dedico la presente ricetta a “DARIO” l’allevatore piemontese che ha postato un commento su un mio precedente articoletto relativo alle carni. Ello è un allevatore. Alleva vitellozzi. E son sicuro che ci mette l’amore e l’energia che contraddistingue chi ama la natura, la genuinità (me l’ha detto lui!), il buon bere e buon mangiare e i vitellozzi!

Dario questa è per teeeee!

Premessa:

Il mozzo di cucina stava per stappare l’uterinea presenza anzitempo. Io non dormii per due notti e due giorni. Il grembo riattappossi. Il lavoro ammucchiossi. Ora, io dovrei lavorare e non stare a ‘nzippettare con il blog. Ma la vita dura poco e le cose belle rischiano ogni attimo di volare via. Allora avanti col blog e “a ramengo” il lavoro (per oggi….per i clienti che leggono…).

Ovviamente anche se non postavo cucinavo. Perché di fame non ci vojo morì. E cucinavo manicaretti alternati a mozzarelle. Ossia: quando riuscivo a racimolare tempo cucinavo, altrimenti mozzarelle. Di bufala.

La ricetta più difficile che c’è è anche quella che sembra più semplice. Io trovo gli spaghetti cacio e pepe enormemente perfetti. Inarrivabili. Un bicchiere di merlot e uno spaghetto cacio e pepe e vai in paradiso…. Ma la ricetta è difficile, difficilissima. Perché hai a disposizione un par de (due) ingredienti e devi usarli alla perfezione sennò il cacio “se ‘mpallocca” (coagula), “rbutta” (rilascia) l’acqua e tu rilasci parole poco eleganti. Cacio e pepe, attenzione, è una ricetta millimetrica, ardua, ambiziosa… “e dai stai a esagerà!”. Ebbene sì, esagero, ma è solo per favve rite!!!

INGREDIENTI:

Spaghetti Mancini (vanno bene anche i Destrorsi) 100 gr a capoccia, pecorino romano 80-100 gr a capoccia a seconda de quanto “sete sprocedati” (siete goduriosi), pepe (quello vono, ossia buono), acqua di cottura. Chi vuole può mitigare la potenza del pecorindo con una dose NON superiore al 50% di parmigiano reggiano italiano pianurapadano.

OCIO: padella da cheffo consigliata!

PREPARAZIONE:

Tutti sanno fa’ il cacio e pepe. Metti la pasta. La “coci” (cuoci). La “cacci” (la “lei”, la togli dalla padella e la scoli). Ce metti pecorino e pepe. Fatto. “E’ io la faccio proprio così!” E no! No così. Qui è Marcoinpadella mica cavolacci. Qui è dove siamo fissati per le striscette de 3,1 millimetri de melanzana, per i dadini de pancetta de 4,3 millimetri de lato, pe’ la fettina un po’ più fina, non troppo fina, fina giusta. Siamo fissati per il cibo. E la cacio e pepe deve da esse perfetta.

C’ho penato. Tanto. Un giorno l’ho rifatta tre volte. Pentole diverse. Tecniche innovative. All’americana. Alla francese. Con l’incarico da sopra. De sguincio. Insomma, le ho provate tutte….e adde so’ azzi vostra!

Cuoci la pasta in acqua non troppo abbondante. Occhio al sale che il pecorino è salato e noi utilizzeremo molta acqua di cottura.

Scola la pasta alcuni minuti prima che sia pronta e conserva l’acqua di cottura. (Io levo la pasta 5 minuti prima!!!)

Ora, a parte avrai già preparato (che volpe che sei!) il tuo pecorindo grattugiato mixato a una sostanziosa dose di pepe macinato lì per lì ovvero frantumato con la parte laterale della lama del coltello. Insomma un pepe “rozzo”. Versa una mestolata di acqua di cottura sul pecorino e mescola velocemente. Prima di aggingere l’acqua di cottura stempra un poco la sua temperatura con dell’acqua di rubinetto. Questo perché se non sei svelto a mescolare il pecorino esso solidifica a mo’ di palla di Apelle e tu diventi verde dalla bile! Non abbassare troppo la temperatura dell’acqua sennò non ottieni la cremina.

Ora, hai cacciato la pasta (via da questa stanza!) e l’hai riposta nella padella da cheffo che incandescente attende ordini. Versa un filo d’olio per tenere il singolo spaghetto bello separato dagli altri. Versa una mestolata di acqua di cottura (regolati a seconda della quantità di pasta che stai cuocendo) e inamida. Daje giò! Forsa e coraggio. Gira e rigira la pasta nella padella. Falle fare il salto della cammella (ossia la classica mossa da cheffo che rigira la pasta in padella) aiutati poi con un cucchiaro di legno e rigira gli spaghetti nella padella. Gira e rigira per un bel po’ fino a che la pasta forma essa stessa una cremina.

Fatto? Inamida ancora. Occhio alla cottura! Raggiunto un buon livello di inamidatura della pasta cui corrisponda un ottimo livello di cottura, “la poi di levare” (la puoi levare).

Attendi qualche secondo, non te fa frecà dalla fretta! Fa prendere aria alla tua pasta e quando dai 400 gradi cui l’avevi portata la temperatura ragginge temperature più docili (90-80 gradi) agigungi la cremina di pecorindo e pepe che ti sei preparato. “Sbutura” (rigira) vorticosamente la pasta altrimenti Apelle avrà la meglio! Eccotela lì, la pasta cacio e pepe. La più buona pasta col cacio e pepe che ci sia!

Ora vado che stasera c’ho la socera a cena….indovinate che je (le) cucino? Cascio e pepe!!!

Ciao socera!

Marco

p.s. non pensà che a prima bbotta te viene subito. Pare facile, ma non è. Serve a darti l’allegria! Provala diverse volte e acquista quella sensibilità necessaria per fare una cacioe pepe perfetta!

p.s.2 Apelle figlio di Apollo fece una palla di petto di pollo….

p.s.3 “MOZZO DI CUCINA”!!! aggiungi le foto che hai sennò il post è triste! E non addurre scuse del tipo: oh! Ma non posso io sono all’ospedale!!!